Niente carne, le ragioni

Parla Riccardo Trespidi, medico

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  1. hostilevader
     
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    "Niente carne, una scelta etica"

    «Essere vegetariano? Una scelta strettamente personale», così la pensa la maggior parte della gente. Opinione diffusa, questa, che trova però una voce contraria in Riccardo Trespidi, medico veronese di medicina generale, presidente di «Medicina non violenta» e responsabile scientifico dell’associazione nazionale dei vegetariani, alla cui schiera appartiene da ben trent’anni.

    «La decisione di non mangiare carne non è una semplice preferenza individuale», puntualizza.
    «Essere vegetariani significa difendere i diritti umani, prima ancora di quelli degli animali, e in più salvaguardare l’ambiente.
    E tutto ciò, con la certezza scientifica che la dieta vegetariana non fa male alla salute. Anzi, ci preserva da obesità, diabete, arteriosclerosi e da altre malattie cosiddette "del benessere"».
    Si entra, insomma, nel campo della «Scienza nutrizionale etica», in cui la medicina s’intreccia con l’ecologia e l’economia, intese in senso globale.
    «Un ambito ancora poco considerato, ma sancito dal codice di deontologia medica sottoscritto nel 2006».

    Proprio di questo parlerà Trespidi, unico relatore italiano, durante il 38° congresso mondiale dei vegetariani, che si terrà a Dresda tra il 27 luglio e il 3 agosto.

    Qualche anticipazione. «Parliamo di diritti umani. In un mondo in cui più di un miliardo di persone vive il dramma della fame e non ha accesso all’acqua pulita», continua Trespidi, «la metà dei cereali raccolti ogni anno va a nutrire i tre miliardi di capi d’allevamento. Occorrono trentamila litri d’acqua, tra abbeveraggio della bestia e del fieno che mangia, per produrre un solo chilo di carne di manzo. Non è un controsenso?».

    Del resto, la Fao è giunta da tempo a una conclusione: per riequilibrare le risorse mondiali non si può agire solo nei Paesi poveri, ma bisogna ridurre gli sprechi in quelli ricchi dove, al contrario, aumenta l’incidenza di malattie legate a un’alimentazione eccessiva. «Se poi si parla di inquinamento ambientale», spiega ancora Trespidi, «si deve tener conto che il bestiame produce, con le sue scorie, il 18 percento dei gas serra».

    E infine gli animali: «Molti di noi si ritengono persone sensibili. Basterebbe la visita a un allevamento intensivo o a un macello per non trovar più il coraggio di mangiare carne».
    E finiamo con le rassicurazioni mediche: «Non ci sono dubbi. Un’alimentazione povera di carne e ricca di vegetali è una garanzia per mantenerci in buona salute. In questo modo, infatti, vengono ridotti i grassi saturi che, depositandosi nei vasi sanguigni, provocano ipertensione e infarto. La "dieta verde", invece, ci fornisce senza alcuna controindicazione tutte le sostanze che servono al nostro corpo».

    A chi ispirarsi nel cammino verso il vegetarianesimo? C’è l’imbarazzo della scelta: il genio rinascimentale Leonardo da Vinci, la "grande anima" Gandhi e lo scienziato per antonomasia, Albert Einstein. E poi si starebbe in buona compagnia: in Italia, aiutati dalla dieta mediterranea, abbiamo la più alta percentuale di vegetariani d’Europa, 3 milioni secondo i dati Eurispes.


    http://www.promiseland.it/view.php?id=2512
     
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  2. Oggetto_Fobia
     
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    Verrà il giorno in cui il resto degli esseri animali potrà acquisire quei diritti che non gli sono mai stati negati se non dalla mano della tirannia. I francesi hanno già scoperto che il colore nero della pelle non è un motivo per cui un essere umano debba essere abbandonato senza riparazione ai capricci di un torturatore. Si potrà un giorno giungere a riconoscere che il numero delle gambe, la villosità della pelle, o la terminazione dell'osso sacro sono motivi egualmente insufficienti per abbandonare un essere sensibile allo stesso fato. Che altro dovrebbe tracciare la linea invalicabile? La facoltà di ragionare o forse quella del linguaggio? Ma un cavallo o un cane adulti sono senza paragone animali più razionali, e più comunicativi, di un bambino di un giorno, o di una settimana, o persino di un mese. Ma anche ammesso che fosse altrimenti, cosa importerebbe? Il problema non è "Possono ragionare?", né "Possono parlare?", ma "Possono soffrire?".
    Jeremy Bentham - Filosofo


    secondo me anche questo é un fattore importante, siccome per troppi secoli e con conseguenze disastrose l'uomo si é ritenuto il dominatore delle risorse vegetali e animali ( e continua a farlo), purtroppo per qualche strana ragione questa strana forma di arroganza fa si che non ci rendiamo conto che siamo noi "la mela marcia" nell'equilibrio perfetto esistente tra mondo animale e vegetale.
    Da quattro anni sono vegan, anche se sempre di più sono convinta che finché l'uomo abiterà il pianeta terra gli animali e la natura non avranno mai pace.
     
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  3. f0kina
     
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    Abbondanza o carestia: produzione di carne e fame nel mondo

    Nel Newseum di Washington è esposta una foto straziante, scattata da Kevin Carter nel 1993, di un bambino sudanese raggomitolato sul terreno, con il ventre gonfio dalla sindrome di Kwashiorkor e le gambe tanto esili da non poterlo sostenere: a rendere il quadro maggiormente inquietante l'immagine dell'avvoltoio appollaiato a pochi passi da lui. Questa fotografia, che è valsa all'autore il premio Pulitzer, è il simbolo del prezzo che i paesi sottosviluppati del mondo pagano per le carestie.

    Tragicamente, il problema della fame nel mondo è solo peggiorato negli ultimi quindici anni - questo è affermato chiaramente nel report del "Centro per gli studi strategici ed internazionali" (CSIS) rilasciato il 29 luglio scorso. Il Centro raccomanda interventi urgenti di sostentamento a lungo termine, e chiede "un approccio strategico degli USA alla crisi mondiale del cibo."

    Dire "crisi del cibo", tuttavia, fa credere che essa sia causata da alcuni fenomeni di causa-effetto a breve termine, e infatti la "tempesta perfetta" della crescita dei costi energetici, l'accaparramento di cereali, i sussidi governativi, le siccita' e la domanda di biocombustibili distolgono l'attenzione dagli interessi di una radicata industria e da una soluzione che né gli strateghi del CSIS né tanti attivisti in campo sociale vogliono contemplare: eliminare la produzione di carne.

    "Aaah!" direte. "Non toglietemi le mie bistecche e i miei cheeseburger". Il "mangiar carne" e' talmente radicato nella cultura occidentale che il solo proporre di eliminarla, sia pure per salvare il mondo, richiede una discussione. Va bene, facciamola.

    Le Nazioni Unite stimano che 854 milioni di persone - quasi il 13% dell'intera popolazione mondiale [e quasi 2 volte la popolazione dell'Unione Europea] - soffrano costantemente la fame. E il problema non fa altro che peggiorare. Josette Sheeran, direttore esecutivo del Programma alimentare dell'ONU ha dichiarato che "l'indice di povertà del mondo è in crescita".

    Come in crescita è anche la nostra fame di carne. Come osserva Gene Buar in "Farm Sanctuary: Changing Hearts and Minds About Animals and Food", negli Stati Uniti, nel 1950 vi erano 50.000 fattorie che producevano 630 milioni di polli "da carne". Nel 2005 c'erano 20.000 aziende in meno, ma producevano 8,7 miliardi di polli da carne. Il che comporta il consumo di un'enorme quantità di mangime. In effetti gli allevamenti intensivi consumano ogni anno 157 milioni di tonnellate di leguminose, cereali e altre proteine vegetali, per ricavare 28 milioni di tonnellate di proteine animali per il consumo umano. Un utilizzo molto inefficiente delle risorse che impiega nutrienti a base vegetale che potrebbero servire per sfamare gli esseri umani invece che diventare mangime per animali.

    Jeremy Rifkin, presidente della Fondazione sui Trend Economici di Washington, DC, afferma: "Ci sono popoli che soffrono la fame perché gran parte della terra arabile viene utilizzata per coltivare vegetali che diventano mangime per animali invece che cibo per gli uomini". Riporta poi l'esempio della carestia del 1984 in Etiopia che è stata causata dall'industria della carne: "mentre la gente moriva di fame, l'Etiopia produceva semi di lino, di cotone, di colza destinati agli allevamenti europei". Milioni di ettari di terreno nei paesi in via di sviluppo sono usati a questo scopo. Tragicamente, l'80% dei bambini affamati vivono in paesi che paradossalmente dispongono di eccedenze alimentari che vengono però usate per nutrire animali destinati al consumo nei paesi ricchi."

    La crescita della domanda di carne è particolarmente drammatica nei paesi in via di sviluppo: "In Cina il consumo di carne è in rapida crescita per via dello sviluppo e dell'urbanizzazione, ed è piu' che duplicata rispetto alla generazione passata" dice Rosamond Naylor, professore associato di economia all'università di Stanford. Il risultato è che la terra che prima era destinata a produrre grano per le persone, ora viene utilizzata per produrre mangimi destinati a polli e maiali.

    L'USDA (Dipartimento di Stato per l'Agricoltura degli Stati Uniti) e le Nazioni Unite dichiarano che utilizzare un ettaro di terra per allevare bovini produce circa 22 kg di proteine. Se invece lo si coltivasse a soia, lo stesso ettaro renderebbe 403 kg di proteine. La zootecnia inoltre spreca preziose risorse idriche. I biologi Paul e Anne Ehrlich fanno notare che per coltivare un kg di frumento servono 200 litri d'acqua, mentre 1 kg di carne richiede dai 20.000 ai 40.000 litri.

    Ecco un altro modo di guardare al problema. Secondo il gruppo Vegfam, un terreno di 4 ettari può "dare da mangiare" a 60 persone se viene coltivano a soia, a 24 se coltivato a frumento, a 10 se a granturco e solo a 2 se utilizzato per l'allevamento del bestiame. Negli USA, riducendo anche solo del 10% la produzione di carne si avrebbe cibo vegetale per sfamare 60 milioni di persone: così stima il nutrizionista Jean Mayer. Sessanta milioni di persone sono la popolazione della Gran Bretagna, una nazione, che, detto per inciso, potrebbe sfamare 250 milioni di persone con un'alimentazione completamente vegetale.

    Non deve sorprendere che l'industria della carne metta in discussione questo tipo di dati. Ad esempio sostengono che il frumento e la soia coltivati per gli animali non sono di qualità adatta al consumo umano (andatelo a dire al bambino che muore di fame). E' pero' difficile negare il fatto che la zootecnia usi terreni e acqua che potrebbero servire per produzioni vegetali ad uso umano.

    Come osserva Rifkin, è ironico che milioni di persone nei paesi sviluppati stiano morendo a causa di malattie del benessere come ad esempio attacchi di cuore, diabete e cancro, causati dal consumo di alimenti di origine animale, mentre nel terzo mondo stiano morendo a causa di malattie dovute alla povertà causata dal vedersi negato l'accesso alla terra da coltivare per le loro famiglie.

    "Siamo in grande ritardo nell'affrontare globalmente il tema di come promuovere una dieta vegetariana variata e con alto contenuto di proteine per il genere umano" afferma Rifkin, il cui libro "Ecocidio - Ascesa e caduta della cultura della carne" affronta proprio il paradosso morale del consumo di carne.

    Tutte quelle bistecche e cheeseburger valgono davvero tutte le vite che si prendono - umane e non umane? Sarebbe ingenuo pensare che il mondo possa diventare vegetariano dalla sera alla mattina, o anche in pochi decenni. Ma guardando la potente fotografia di Carter non posso fare a meno di credere che sia vergognosamente sbagliato il modo in cui trattiamo chi con noi condivide il pianeta. Se vogliamo lasciare un mondo vivibile alle future generazioni dobbiamo fermare questo disastro causato dalla produzione di carne e abbracciare uno stile di vita più rispettoso.

    Fonte:
    Mark Hawthorne, Feast or Famine: Meat producer and World Hunger, 9 agosto 2008

    Articolo originale: Consumo di carne e fame nel mondo
    Fonte: Trieste.com
     
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2 replies since 6/8/2008, 11:18   152 views
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